Non solo solidarietà: il Terzo Settore come motore sociale ed economicoIl Terzo Settore non è solo solidarietà: è una vera infrastruttura sociale ed economica per il nostro Paese.
Con un impatto di 84 miliardi di euro l’anno (pari al 4% del PIL) e una straordinaria capacità di generare valore sociale, le organizzazioni non profit si confermano indispensabili per colmare le lacune lasciate dalle istituzioni.

 

Questi dati provengono da una desk research e un sondaggio nazionale commissionati da PROMETEO ODV a EMG Different e presentati lo scorso 14 maggio durante l’evento “Usciti dal profitto, entrati nell’utile”.
L’approfondimento è stato pubblicato su Il Giorno, con un focus sulle sfide e sulle potenzialità di un settore che impiega oltre 920mila persone e coinvolge quasi mezzo milione di volontari solo nella sanità.

Nonostante l’efficacia e la fiducia dei cittadini (quasi 9 su 10 ne riconoscono il valore), il Terzo Settore affronta ancora sfide strutturali: mancanza di fondi, difficoltà burocratiche e instabilità operativa. Sostenere il non profit significa investire nel futuro dell’Italia, nella salute delle persone e nella coesione sociale.

 

L’articolo:

Il volontariato genera gratis il 4% del Pil italiano – Numero per numero, quanto vale questa risorsa diventata indispensabile in vari ambiti

di Maurizio Maria Fossati

TERZO SETTORE, una risorsa oggettivamente indispensabile per la sostenibilità socio-economica del nostro Paese. Un valore economico di ben 84 miliardi di euro l’anno (Rapporto 2024 di Generali Italia), pari a circa il 4% del Pil. E un alto impatto economico del non profit significa anche «efficienza sociale»: si valuta che un euro investito nel
Terzo Settore possa generare il doppio del suo valore in benefici per la popolazione. «Le organizzazioni del Terzo Settore – spiega Giuse Dellavesa (nella foto a destra), presidente di Prometeo (Pro-getto Malattie Epatiche Trapianti E Oncologia – Odv), associazione di volontariato socio-sanitario che opera all’interno dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – hanno un atteggiamento di grande attenzione nel fare bene le cose che sono necessarie ed evitare gli sprechi. Sono associazioni che fungono da datori di lavoro, ma lo scopo non è il profitto aziendale, bensì quello di creare valore sociale offrendo aiuto e servizi per ridurre le disuguaglianze e colmare le lacune assistenziali affiancando le Istituzioni che, con la crescita dei bisogni, non riescono più a seguire tutto». In Italia, sono circa 360mila gli enti non profit. Impiegano oltre 920mila dipendenti. Il 50% delle istituzioni si trova nel Nord Italia, il 22% nel Centro e il 28% al Sud e nelle isole. Nell’ambito sanitario, le associazioni di volontariato non profit sono 12mila, quindi pari al 3,3% del totale. Contano 99mila dipendenti, circa l’11% delle persone impegnate. E anche nel settore della sanità gli enti non profit si concentrano prevalentemente nel Nord Italia, in particolare in Lombardia (2.036). «Soprattutto oggi è fondamentale la capacità di leggere l’evoluzione continua del mondo – dice l’oncologo Vincenzo Mazzaferro (nella foto a sinistra), coautore del saggio “Prossimo, molto vicino” (Edizioni San Paolo) – Altrettanto importante è la capacità di adattamento e di saper fare la “cosa giusta”; in un determinato momento e in una determinata situazione. Oggi, il “tempo nobile” è quello del non profitto che punta a soddisfare completamente i bisogni di salute: non solo quelli relativi alle prestazioni, ma anche gli altrettanto pressanti e non trascurabili bisogni umani».

Mazzaferro, che nel 1999 fondò l’associazione Prometeo, già allora fu un medico illuminato e visionario. Un’avanguardia scientifica e sociale in un’ltalia che, come sostiene Silvio Garattini, è «uno dei Paesi al mondo dove il volontariato è maggiormente praticato». Lo dimostrano i numeri. Sono, infatti, circa 470mila i volontari che lavorano nell’ambito sanitario. Tantissimi volontari (I’82%) a fronte di un numero ridotto di dipendenti (18%). Ma c’è un rovescio della medaglia. A nove anni dall’entrata in vigore della legge numero 106 di riforma del Terzo Settore, seguita dal decreto numero 117 del 2017 che ne completò l’attuazione, chi è impegnato nel non profit sta tuttora affrontando le difficoltà dovute al cambiamento legislativo e all’evoluzione economica e sociale del Paese. Le principali difficoltà del Terzo Settore, evidenziate nel Rapporto Runts 2024, danno il podio al reperimento dei fondi e ai problemi finanziari (46%). Non è facile coniugare solidarietà e sostenibilità. Il perché è presto detto: le associazioni non profit devono sostenere spese fisse ogni mese (il commercialista, le assicurazioni per il lavoro dei volontari, l’affitto o l’acquisto di una sede e di spazi operativi, le varie manutenzioni, i materiali d’uso) a fronte di entrate non programmabili e assolutamente non certe come le donazioni e gli esiti di possibili bandi. Le sfide per trovare volontari e per superare la complessità della burocrazia seguono nella graduatoria degli ostacoli reali. E vanno sottolineate le difficoltà legate all’interpretazione e all’applicazione della nuova normativa (un nodo critico per il 23% degli enti). In definitiva, la dipendenza dalle donazioni e dal lavoro volontario, che può essere discontinuo e non sempre di tipo professionale, risultano i principali «freni» delle organizzazioni del Terzo Settore. E, In effetti, sono numerose le associazioni che non hanno risorse sufficienti per soddisfare le richieste di aiuto della popolazione.
Ma quanti sono gli italiani che sanno veramente cosa si indica con il termine Terzo Settore? Secondo il sondaggio nazionale lanciato da Prometeo in occasione dei 25 anni dalla fondazione, gli acculturati sono 6 su 10. Tra questi, 7 su 10 hanno un’opinione favorevole nei confronti del Terzo Settore (soprattutto i giovani o chi ha avuto precedenti esperienze dirette). E dà grande conforto apprendere che quasi 9 intervistati (85%) su 10 ritengono che il Terzo Settore contribuisca in modo positivo al benessere della società, un’idea radicata soprattutto tra chi ha già avuto un’esperienza e tra i giovani del Centro Italia. I principali benefici riguarderebbero il ruolo di sensibilizzazione ed educazione dei cittadini (40%) e l’integrazione di persone vulnerabili o emarginate (inclusione sociale, 37%). Alla domanda cruciale «Ritiene che le organizzazioni del terzo settore siano più efficaci dello Stato nella risoluzione dei problemi sociali?», il 71% del campione ha risposto affermativamente. In particolare, un netto «sì» è stato dato dal 24% degli Intervistati, mentre il 47% ha affermato che comunque dipende dall’ambito d’azione. Il 50% di chi conosce il Terzo Settore ha affermato che il non profit è soprattutto efficace nella lotta alla povertà, mentre il 43% del campione ha optato per l’umanizzazione della Sanità. Ben il 65% degli intervistati ritiene che, a oggi, Il Terzo Settore riceve un sostegno inadeguato da parte dello Stato, e giudica corretti (77%) gli sgravi fiscali e le altre forme di agevolazioni di cui beneficiano le realtà non profit.

 

 

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