mi-arMi chiamo Vito, ho 69 anni, abito ad Arezzo. Sono stato operato allo stomaco, l’intervento è riuscito e spero che tutto proceda bene.

E’ un sabato nel tardo pomeriggio del mese di ottobre 2006, quando rientrando in casa comunico a mia moglie di aver visto sangue nelle feci. Iniziano le preoccupazioni, le ansie, le paure.

Tanti sono i pensieri che passano nella nostre mente recandoci al pronto soccorso, anche quello più brutto che cerchiamo di allontanare. Cominciano prelievi, flebo, e dopo due giorni viene fatta la gastroscopia. “E’ un’ulcera grande e ci vorrà l’intervento” – dice il medico.

Percepiamo immediatamente che è una cosa grave e ci si chiude la gola, ma non vogliamo credere, speriamo nella risposta dell’esame istologico. Il risultato è : adenocarcinoma scarsamente differenziato. Alla lettura di queste parole le sensazioni sono contrastanti, dal gelo a vampate di calore, dal tremore alla forza interiore, perché devi decidere dove fare l’intervento, a chi affidarti. Qualcuno ci ha illuminati, allora ci siamo consultati con i figli e abbiamo detto: “Andiamo a Milano!”.

Si è aperta la strada, l’unità operativa apparato digerente e trapianto di fegato, diretta dal Dott. Vincenzo Mazzaferro ci ha dichiarato la sua disponibilità al ricovero e all’intervento. Tanta è la nostra gratitudine verso i medici, gli infermieri e i volontari; ci siamo sentiti accolti e sicuri.

Trascorrendo lunghe ore nel reparto e anche nel salone d’attesa insieme a parenti ed altri pazienti ho stretto rapporti d’amicizia e ho avuto modo di percepire la professionalità, l’impegno, la dedizione e il senso di responsabilità di tutti coloro che operano in questo reparto. Mi ha colpito perfino l’andatura di tutto il personale, il passo slanciato e veloce, il passo di chi ha premura, di chi lavora con gioia e amore.

Un grazie particolare a Prometeo, associazione che sostiene i malati e le loro famiglie. Alloggiando in casa Prometeo mia moglie mi è stata vicina, mi ha aiutato tanto con la sua presenza in momenti tanto difficili.

Allo stesso tempo ha potuto condividere con altri pazienti e parenti le proprie difficoltà, emozioni, sofferenze ed anche speranze. E’ nella condivisione che le preoccupazioni diventano più sopportabili e forti diventano i sentimenti di solidarietà e di amicizia.

Arezzo 18/04/2007 Vito Capecchi

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